Per qualche dollaro in più?

26 marzo 2020

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La maggior parte degli investitori è rimasta perplessa di fronte all’entità della correzione subita, in sole quattro settimane, dai mercati azionari: un rapido e spaventoso crollo del 40% dei titoli azionari europei, di pari passo con l'accelerazione dei nuovi casi di COVID-19 nel Vecchio Continente e un sostanziale repricing della maggior parte degli asset mondiali.

Da parte loro, invece, gli esperti di asset allocation sono soprattutto sorpresi dal fatto che gli asset sicuri non siano più in grado di assorbire gli shock all’interno dei portafogli.

Si è trattato di una correzione eccessiva? C’è una qualche logica dietro a tutto questo? Perché l’oro dovrebbe iniziare a perdere smalto, in un mercato ribassista, ritornato alla politica dei tassi a zero (ZIRP) grazie alla Fed? Perché i mercati non reagiscono positivamente agli importanti tagli dei tassi decisi dalla Fed?

La risposta più ovvia è che i mercati stiano scontando uno scenario economico molto più negativo e un netto crollo degli utili: una sorta di “verifica”, a livello globale, sulla crescita e sui rischi, con qualche eccesso dovuto alla paura del contagio. In questo contesto, il significativo sostegno fiscale e monetario offerto non è riuscito a tranquillizzare i mercati.

Una seconda risposta può essere legata al posizionamento degli investitori e all'effetto leva che generalmente acuisce la volatilità. Negli ultimi anni, le banche centrali hanno compresso le curve dei rendimenti e hanno spinto gli investitori lontano dalle loro naturali zone di caccia, con la ricerca di rendimento che si è spostata in territori inesplorati e caratterizzati da maggiori rischi e minore liquidità. Di conseguenza, gli spread creditizi hanno subito una forte compressione, mentre il calo dei tassi d’interesse giustifica un maggior equilibrio nel rapporto prezzo/utile sui mercati azionari. Inoltre, il basso costo del denaro ha favorito la democratizzazione della leva, divenuta componente standard nella strategia d’investimento, a fronte di un QE senza fine e della convinzione che economie meno cicliche sottointendessero mercati meno ciclici. Tutto questo ora viene spazzato via da una pandemia con effetti macroeconomici di vasta portata.

Dopo il terribile dicembre 2018 e la ripresa rialzista nel 2019, il 2020 non era iniziato con grandi aspettative in termini di performance ma comunque all’insegna di una relativa calma, che ha incoraggiato gli investitori ad andare a caccia di qualche dollaro in più. Questa pandemia sembra quindi fungere da catalizzatore per un’inversione del carry trade, presentandosi altresì come un “test di realtà” per la maggior parte degli investitori. Mette alla prova i nostri nervi, la nostra capacità di sopportare i rischi, di far fronte a una volatilità senza precedenti e a una nuova forma d’incertezza; è un test di realtà rispetto alla sostenibilità delle strategie d'investimento, basate sull'accumulo di premi per il rischio, utilizzando la leva finanziaria. Questa situazione ci ricorda che la leva non comporta solo un incremento del rischio, ma riduce al tempo stesso l’orizzonte temporale degli investitori, influenzando la loro sfera emotiva.

C’è molta razionalità dietro a questa correzione, visti gli effetti macroeconomici negativi delle misure preventive e delle psicologie ribassiste, e considerato il successivo impatto su utili aziendali e tassi di default. Ma l'entità e la velocità di questa correzione si spiegano probabilmente con il venir meno di questo accumulo di strategie basate sulla leva, che probabilmente subirà un’ulteriore accelerazione nel momento in cui volatilità e rendimenti negativi diventeranno insopportabili. In letteratura queste situazioni sono definite il “momento di Minsky”. Questo fenomeno può altresì spiegare il motivo per cui non sono solo le azioni e le obbligazioni societarie a perdere terreno, ma anche i cosiddetti “porti sicuri”. Pertanto non è tutta colpa del COVID-19. Questa correzione risente certamente di un certo overshooting, che non potrà che essere amplificato dal cocktail esplosivo costituito dalla paura del virus e dalle margin call, prima che i mercati riescano a riguadagnare terreno e trovare un nuovo punto di equilibrio.

Se la pandemia dovesse raggiungere il picco nei prossimi mesi e la liquidazione delle posizioni a leva non creasse effetti permanenti su società e banche, probabilmente non saremmo lontani dal punto di stabilizzazione. La storia ci insegna che la maggior parte delle correzioni del mercato avviene in poche settimane ed è seguita da alcuni mesi di volatilità prima di un netto rimbalzo. A nostro avviso l'annuncio del programma di acquisti di emergenza da 750 miliardi di euro da parte della Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe contribuire a rafforzare le previsioni, allentare gli spread sovrani e stabilizzare la curva.

 

Monthly House View, pubblicato il 25/03/2020 - Estratto dall'Editoriale

26 marzo 2020

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