Immigrazione: un’economia più grande

 

 

30 aprile 2024

Monthly House View –Maggio 2024 - Cliccando qui

Dopo l’attacco missilistico dell’Iran contro Israele nella notte tra il 13 ed il 14 aprile, i mercati finanziari hanno temuto possibili rappresaglie. Da una prospettiva storica, gli eventi geopolitici non influiscono in genere sulla crescita economica globale nel medio periodo, ma causano volatilità sul breve termine, soprattutto se combinati con altri fattori che possono pesare sul mercato, come, al momento, un’ inflazione persistente. “Più alti più a lungo”, come afferma Jerome Powell, presidente della Federal Reserve (Fed), a proposito dei tassi di riferimento. Questa celebre espressione si modificherà probabilmente in “più bassi più tardi”. Infatti, gli ultimi dati sull’inflazione esclusi i generi alimentari e l’energia, ossia le componenti più volatili, si è rivelata inaspettatamente solida, attestandosi a marzo al 3,8% su base annua. Il dato si avvicina pericolosamente al doppio del 2%, l’obiettivo previsto dal mandato della banca centrale americana. Come promemoria, alla fine dello scorso anno il mercato anticipava fino a sette tagli dei tassi da parte della Fed nel 2024; oggi ne anticipa praticamente solo uno ed è persino possibile che giunga dopo le elezioni presidenziali di novembre. In questo periodo, la Fed non ha rivisto le sue stime sui tagli dei tassi, stabili a tre. È interessante notare che, in questo contesto e rispetto alle attese del mercato, tre mesi fa la Fed sembrava restrittiva mentre ora appare accomodante, pur senza aver modificato la propria visione. Jerome Powell ha sempre professato prudenza, indicando che la Fed avrebbe monitorato i dati sull’inflazione e sull’attività economica. Questo approccio, considerato dal mercato eccessivamente cauto all’inizio dell’anno, sembra ora appropriato.

La domanda è fino a che punto l’economia statunitense possa resistere a questa inflazione persistente. Un’economia gonfiata da massicce iniezioni di liquidità post-COVID, come non se ne vedevano dalla Seconda guerra mondiale, è ora vittima del più significativo rialzo dei tassi da oltre 40 anni.

Occorre inoltre ricordare che i governi dei Paesi sviluppati continuano ad essere indulgenti sul fronte fiscale. Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti, dove quest’anno il deficit di bilancio potrebbe superare il 7% del PIL, un livello di rado raggiunto in periodi diversi da guerre o recessioni. Gli importanti disavanzi dei Paesi ricchi sono principalmente attribuibili, sul fronte delle entrate, al minore gettito fiscale, sullo sfondo di una riduzione dei posti di lavoro in settori con elevate retribuzioni come la tecnologia nonché ad un calo del mercato azionario tra la metà del 2022 e quella del 2023. Sul piano dei costi, sono anche imputabili al livello ancora sostenuto di spesa pubblica nell’ambito delle misure post-COVID. Ne è un esempio il “Superbonus 110%”, misura introdotta dall’Italia nel 2020 per incentivare i proprietari a migliorare l’efficienza energetica delle loro abitazioni. Il costo è stimato in oltre 200 miliardi di euro, pari al 10% del PIL nazionale. Infine, in seguito alla guerra in Ucraina, molti governi, soprattutto in Europa, hanno aumentato le spese militari, raccogliendo in un certo senso il testimone delle misure volte a contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia nel 2022. In questa tendenza all’aumento dei costi in Europa, i governi di Paesi come la Francia e l’Inghilterra stanno cercando di contenere le spese. Lo stesso non si può dire per gli Stati Uniti, dove le imminenti elezioni presidenziali di novembre rendono il momento non favorevole per la riduzione della spesa. In questo contesto, abbiamo leggermente ridotto il rischio nell’ambito della nostra asset allocation, pur rimanendo opportunisti. Vi auguro una piacevole lettura di questo numero, che approfondisce uno dei fattori che contribuisce a spiegare la tenuta dell’economia americana: l’immigrazione.

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Monthly House View, 19/04/2024 – Estratto dall'Editoriale

30 aprile 2024

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